Italiano
Iscriviti ai corsi

Audirevi TALKS (About Economy) – “Criptovalute: bolla speculativa o enorme opportunità?”

Nei giorni scorsi si è conclusa a Wall Street l’ennesima maxi-IPO. Coinbase, piattaforma di scambi di valute virtuali, è stata quotata al Nasdaq per la bellezza di 100 milioni di dollari.

In effetti, i numeri (e non solo, come molto spesso capita, aspettative), questa società li ha. I ricavi nell’ultimo trimestre sono stati pari ad 1,8 miliardi di dollari, con un utile netto stimato tra 730 ed 800 milioni.

Tutto però si regge sull’ipotesi che queste criptovalute siano qui per rimanere e, anzi, per diffondersi sempre di più come strumento di pagamento e non solo come attività finanziaria, dato che sono prive di un sottostante reale, se non appunto, la potenzialità di affermarsi come strumento di pagamento.

Ciò porta a delle riflessioni più profonde sulla presenza o meno di un reale sottostante al valore costantemente crescente che queste valute stanno registrando, sinonimo di una domanda continuamente crescente rispetto all’offerta.

Inoltre, ci sarebbero altre considerazioni, riguardo all’interesse delle società di mining, che sono sempre alla ricerca di luoghi in grado di offrire energia a basso costo e freddi (i server producono infatti grandi quantità di calore e hanno bisogno costantemente di basse temperature per funzionare), a continuare, nel medio-lungo termine, la loro attività. I loro margini infatti sembrerebbero essere destinati a ridursi continuamente e, dato che le criptovalute dovrebbero essere in numero finito, prima o poi, per ora difficile fare previsioni, la convenienza a continuare questa attività dovrebbe cessare.

Ora, se il presupposto fondamentale della blockchain, la tecnologia sulla quale poggiano le criptovalute, è che ogni transazione porti con sé le informazioni relative a tutti gli scambi precedenti (e a quale scopo se i vari attori della rete sono anonimi?), non è che questa infrastruttura, ad oggi sostenuta dai server messi a disposizione dai miners, che ricevono, in cambio, criptovalute, necessiterà di una capacità computazionale sempre maggiore, per tenere traccia, appunto, di tutte le informazioni relative alle transazioni precedenti e quindi consumerà sempre più energia, scontrandosi, oltre che con la non-economicità, con il tema della sostenibilità ambientale più che mai urgente?

Oggi, la risposta più plausibile che ho trovato a questo quesito, è che l’economicità del sistema si reggerà sulla base delle commissioni generate dalle transazioni, e il caso Coinbase prima citato sembrerebbe confermare questa tesi. Quindi, potrebbe essere che ci sarà semplicemente uno shift della proprietà dei server dai miners alle piattaforme di trading. Resta, però, ancora un’incognita, la crescita della capacità computazionale necessaria a validare transazioni sempre più “pesanti”, data la quantità di informazioni sempre crescente che si portano dietro.

Ovviamente al momento non ci sono risposte e nemmeno bisogna avere la presunzione di “smontare” un fenomeno gigantesco che sembrerebbe, per il momento, funzionare. Le sorti, che personalmente vedo, almeno nel lungo termine, sono due: il totale collasso di questo sistema, con la conseguenza che gli ultimi a scommetterci potrebbero essere quelli che pagano il conto, oppure, la più grande opportunità per creare un sistema di pagamento universalmente accettato, completamente trasparente (se gli Stati dovessero intervenire in termini di regulation) e che funga, oltre che da mezzo di scambio, anche da riserva di valore, che è una delle principali funzioni delle monete oggi.

 

 

Alessandro Fornara

 

English Version