Con il termine leveraged cash out (LCO) ci si riferisce a una tipologia di riorganizzazione societaria finalizzata alla revisione della compagine partecipativa di un certo soggetto giuridico, costituito sotto forma di società di capitali. In particolare, l’operazione di LCO prevede di solito uno schema articolato in più fasi in cui, anzitutto, i soci persone fisiche di una società operativa (Target) rivalutano le proprie partecipazioni con il pagamento dell’imposta sostitutiva; successivamente, gli stessi soggetti cedono le partecipazioni possedute nella Target in favore di una società neocostituita (Newco) con denaro preso a prestito da Istituti di Credito o da fondi di Private debt; infine, il debito contratto da Newco per l’acquisto delle partecipazioni viene rimborsato mediante i dividendi futuri distribuiti dalla Target ovvero tramite i flussi di cassa operativi prodotti dalla Target a seguito della fusione fra la stessa e Newco (merger leveraged cash out ).
Il LCO viene spesso utilizzato come strumento la gestione dei cosiddetti passaggi generazionali, per liquidare la quota di uno o più soci uscenti e per consentire l’ingresso nel capitale della società di investitori terzi. Si tratta, dunque, di uno schema estremamente duttile, nel quale si prestano ad essere ricondotte operazioni assai disparate e motivate dalle più molteplici motivazioni. In tutti i casi anzidetti, ciò che connota le operazioni di LCO è il mancato pagamento immediato del corrispettivo della cessione della partecipazione rivalutata, che crea un rapporto di debito fra la società acquirente e le persone fisiche cedenti attraverso il quale “scorrono” flussi di dividenti o di cassa operativi al servizio del rimborso del succitato debito.
Seppure sotto il profilo civilistico non vi siano dubbi circa la legittimità delle operazioni di LCO, esse sono state poste sotto la lente di ingrandimento dell’Amministrazione Finanziaria che le considera abusive ogni qualvolta venga effettuata una cessione di quote rivalutate ad opera di persone fisiche in cui la cessionaria delle quote è rappresentata da una società di nuova costituzione riferibile alle persone fisiche che hanno effettuato la rivalutazione, il prezzo di compravendita non viene corrisposto immediatamente per intero (né il credito risulta essere supportato da alcun tipo di garanzia), il corrispettivo della cessione è parametrato al flusso dai dividendi futuri attesi, i termini di pagamento e le clausole contrattuali a tutela del/i cedente/i non vengono fatte rispettare, e l’arco temporale in cui vengono realizzate le operazioni di affrancamento delle partecipazioni, stipula del contratto di cessione delle stesse e distribuzione dividendi è ravvicinato.
Se, da un lato, non si possono negare delle strumentalizzazioni abusive della normativa fiscale e situazioni in cui il ricorso ad operazioni di LCO produce dei risultati effettivamente “circolari”, va altresì messa in discussione la posizione di “targare” tali operazioni come intrinsecamente elusive. In proposito, le posizioni dell’Agenzia delle Entrate fornite con il principio di diritto n. 20/2019 e nella risposta ad interpello n. 341/2019 non fornivano elementi decisivi alle fattispecie in questione, sebbene offrissero una lettura in senso positivo (pur parziale), affermando che debbano ritenersi lecite le operazioni di LCO preordinate ad assicurare un effettivo, non apparente trasferimento delle partecipazioni rivalutate a soggetti terzi (ancorché legati da vincolo di parentela) o quantomeno quelle in esito alle quali i cedenti non mantengano il controllo sostanziale della società, oltre che quelle in cui il corrispettivo della cessione non venga regolato con le risorse finanziarie della Target.
Con la successiva risposta all’interpello 242 del 5 agosto 2020 sono stati superati alcuni ulteriori aspetti. In riferimento ad un caso in cui vi erano tre soci cedenti che, nell’insieme, possedevano il 61% della Target società e che reinvestivano nella Newco complessivamente il 15%: poiché ciascuno dei tre soci in parte cedeva ed in parte reinvestiva, le cessioni da essi effettuati per la parte equivalente ad un recesso tipico (ovvero nel caso specifico per il 46%) venivano ritenute abusive; la conseguenza a cui si giunge in questo caso è che se a cedere fossero stati solo due soci per la loro intera quota, 46%, l’operazione sarebbe stata pienamente legittima, pur dando luogo al medesimo effetto ritenuto abusivo.
L’ulteriore passo logico consisterebbe nel riconoscere che la rivalutazione della partecipazione effettivamente ceduta dal socio a soggetti terzi (o agli altri soci) debba ritenersi del tutto legittima, senza dover necessariamente seguire la procedura prevista per il recesso tipico, non essendovi motivo per confinare la valutazione di non elusività al solo caso di Newco costituita da un investitore terzo, nell’assunto in cui la “circolarità” dell’operazione viene meno ogni volta sia dia luogo ad un effettivo change of control della Target in favore di terzi soggetti o dei precedenti soci di minoranza.
A cura di Andrea Moresco – Partner Nexia Audirevi Transaction & Advisory
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